Nel panorama nazionale si susseguono con frequenza i D.P.C.M. che progressivamente orientano i comportamenti degli italiani in relazione allo sviluppo degli effetti pandemici prodotti dal CoViD-19 e, con altrettanta puntualità, ritrova vigore il dibattito avente ad oggetto le responsabilità penali e para-penali proprie degli imprenditori e delle imprese nell’ipotesi in cui un lavoratore/dipendente contraesse l’infezione in occasione di attività lavorativa. Dall’evento possono scaturire rischi diretti ma anche rischi indiretti.
I rischi diretti sono quelli che incidono sugli aspetti di salute e sicurezza sul lavoro e, come è noto, il contrasto all’emergenza epidemiologica ha prodotto specifiche misure igienico-sanitarie che i datori di lavoro, quali garanti dell’integrità fisica dei lavoratori, sono stati vincolati ad attuare a fronte del ruolo di primo responsabile della salute e sicurezza sul lavoro.
Ne consegue che il medesimo possa essere chiamato a rispondere in sede penale laddove un lavoratore/dipendente dovesse contrarre l’infezione da virus CoViD-19 a causa di omissioni a lui imputabili con riguardo alla mancata adozione delle misure antinfortunistiche previste.
Per scongiurare la propria responsabilità penale, il datore di lavoro dovrà semplicemente includere specificamente la valutazione dei rischi da CoViD-19 nel documento di valutazione dei rischi e osservare, con scrupolo e rigore, le specifiche misure igienico-sanitarie varate da Governo, INAIL e parti sociali.
Per escludere la propria responsabilità para-penale, le imprese dovranno adottare il modello organizzativo e gestionale previsto dalla “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, premurandosi di indicare dettagliatamente le modifiche già inserite nel documento di valutazione dei rischi; non deve essere dimenticato che, nella ipotesi nella quale le misure igienico-sanitarie fossero omesse, ad essere punibili in sede para-penale, sarebbero altresì le società.
Per rischi indiretti hanno da intendersi quelli che, a partire dalle contro-misure organizzative adottate dalle aziende nelle more dell’emergenza epidemiologica in essere, incidono su altri beni giuridici protetti quali, ad esempio, lo svolgimento dell’attività in modalità “agile”, correlati all’accesso a finanziamenti/agevolazioni pubbliche previsti a sostegno dell’economia in occasione della pandemia; in questo caso emergerebbero rischi connessi a beni giuridici protetti diversi, rispetto a quello della salute e sicurezza sul lavoro.
La rilevante produzione legislativa che, in taluni casi, modifica in corso d’opera anche le condizioni d’esercizio, può determinare un inoltro di documenti per accedere ai finanziamenti pubblici, con indicazioni di requisiti/condizioni societarie difformi rispetto a quelli reali, con ciò inducendo in errore l’ente pubblico chiamato a erogare il contributo.
Per escludere responsabilità para-penale delle aziende, oltre all’indicazione dettagliate delle modifiche già inserite nel documento di valutazione dei rischi (bene protetto salute e sicurezza sul lavoro), sarà necessario che vengano passati in rassegna i nuovi rischi conseguenti alle contromisure organizzative adottate, predisponendo specifiche procedure finalizzate a prevenire reati occasionati da nuove condizioni lavorative e nuovi assetti organizzativi, ancorché temporanei.
In entrambe le situazioni di rischio assume rilievo l’operato dell’organismo di vigilanza che continuerà ad assolvere, per i rischi diretti, il proprio compito tradizionale, mentre, sul versante dei rischi indiretti, dovrà altresì svolgere la propria opera prestando attenzione alle inedite tipologie di rischi e, dunque, alle inedite tipologie di potenziali reati conseguenti alle contro-misure organizzative adottate dalle aziende nelle more dell’emergenza epidemiologica in essere.