Le regioni chiedono la semplificazione delle regole di convivenza con l’attuale stato pandemico in rapida evoluzione e si sono fatte promotrici di alcune proposte al Governo che tengono conto delle evidenze scientifiche e della fattibilità pratica.

Tra le proposte il superamento del sistema a colori delle zone di rischio, con tutto ciò che ad esso collegato, e la sospensione del tracciamento dei contatti che appaiono strade percorribili, mentre non appaiono condivisibili, alla maggioranza degli osservatori scientifici, la revisione delle misure inerenti gli aspetti che interferiscono con gli aspetti sanitari.

Il sistema a colori delle zone di rischio appare una proposta condivisibile perché non sussistono attualmente differenze tra zona bianca e zona gialla e limitati diversi comportamenti per la zona arancione riferiti peraltro alle sole persone non vaccinate, c’è l’impegno ad aumentare il numero di posti letto riservati ai malati di CoViD-19 con però la conseguenza negativa del probabile abbassamento del livello di assistenza a pazienti affetti da altre patologie, istituire zone rosse, anche locali, in relazione alla circolazione del virus, al sovraccarico ospedaliero e ai ritardi delle cure in pazienti non CoViD.

Relativamente alla sospensione del tracciamento dell’attuale numero di positivi, l’operazione non è sostenibile per le difficoltà gestionali che presenta e non incide significativamente sul rallentamento della crescita dei casi.

Circa la revisione delle misure inerenti la sorveglianza sanitaria, la proposta complessiva delle Regioni non appare condivisibile agli analisti perché tale ipotesi non è basata su evidenze scientifiche; la discriminante dovrebbe essere ricondotta alla condizione vaccinale del soggetto perché è tra le persone non vaccinate che avviene la maggior parte dei contagi, mentre il vaccino riduce sia il rischio di infezione, sia la probabilità di contagiare altre persone.

Anche la proposta di ridurre i giorni di isolamento per i lavoratori dei servizi essenziali solleva perplessità perché non si basa su evidenze scientifiche che supportino il termine dell’isolamento per i positivi dopo pochi (tre) giorni dalla comparsa dei sintomi, senza accertarne la negatività con tampone antigenico o molecolare.